"Il nostro amico". Così, nelle sue accorate lettere inviate al fronte all’imperiale consorte, la zarina Alessandra definiva Rasputin, il "contadino" giunto alla corte di Nicola II in un giorno del 1905, e che per undici lunghi anni avrebbe esercitato la sua oscura, ambigua e letale influenza sulla famiglia imperiale e finanche sui destini politici della Russia. Fino a quella fatale notte di dicembre del 1916 in cui trovò la morte per mano di un gruppo di congiurati - espressione della più alta aristocrazia russa - colui che la stampa schierata all’opposizione definiva il "monaco pazzo" rappresentò agli occhi dell’opinione pubblica più evoluta il simbolo vivente dei mali della Russia, del distacco tra lo Zar e il suo popolo..
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